Gennaio 2022 – Dalle carceri all’osteria

È del gennaio 1886 questo documento compilato nelle Carceri dell’I. R. Tribunale Circolare di Gorizia, nel quale si legge della pena – consistente in una “reclusione solitaria in cella oscura per 24 ore inasprita col digiuno” – inflitta a sei detenuti da parte dell’Ispettorato delle carceri “per essersi dessi assentati dal lavoro addì 23 dicembre 1885 e recati in osteria, e per la condotta dei tre ultimi verso il carceriere Marco Reschek ed anche per la rissa fra di loro”. In questo fascicoletto presente all’interno del fondo “Tribunale circolare di Gorizia” ci possiamo oggi divertire a leggere le varie versioni del fatto, date dal secondino di turno e naturalmente dai singoli detenuti.

Si può solo provare a immaginare la sorpresa del carceriere che, recatosi nel cortile dell’Ufficio tavolare (nell’odierna piazza Cavour) dove aveva condotto personalmente sette detenuti per tagliare del legname, ne aveva trovati al lavoro solo tre! Gli altri quattro non erano “andati a bere dell’acqua alla fontana in piazza S. Antonio” – come avevano riferito i compagni – ma si trovavano nell’osteria di Andrea Figeli in Corte Caraveggia… più o meno brilli! Per ricondurli in galera (le prigioni si trovavano allora in via del Santo) è stato necessaria l’assistenza delle guardie civiche d’ispezione nei pressi del Duomo.

La provenienza del vino poi, in base a quanto riportato dai singoli racconti, è tuttora un mistero: che si sia trattato di due litri di vino bianco regalato da alcuni amici (perché loro “danari non ne avevano”) oppure di vino acquistato “coi soldi che tenevano e che avevano ricevuto dai loro famigliari in occasione delle visite”?
Fatto sta che il vino ha inebriato i sensi dei bevitori: uno di loro dichiara di aver “bevuto in tutta fretta in compagnia un doppio, e di essere stato tosto preso dai fumi del vino” e che “il guardiano Marco Reschek li aveva colti giusto nel punto che dessi abbandonavano l’osteria per ritornare al lavoro. La fretta colla quale dessi mandavano giù i bicchieri di vino cagionò loro una forte ubbriachezza”.
Non manca negli atti l’accenno alla rissa, a uno “scapaccione” o a uno “schiaffo”: il destinatario dello scappellotto comunque riferisce: “io però non me ne ricordo perché era ubbriaco”.
Buona lettura!

Segnatura: ASGO, Tribunale circolare di Gorizia – Atti presidiali (1854-1924), b. 45 f. 226 n. 1548, anno 1885


N. 1548
Nelle Carceri dell’i. r. Tribunale Circolare
Gorizia, 2 gennaio 1886
Presente:
L’i. r. ascoltante Ussai

Allo scopo di porre in chiaro come avvenne la zuffa accennata nel rapporto del Capo custode d. p. 26/12/[18]85 N. 1548, si passava all’esame del secondino Marco Reschek, che, previa ammonizione al vero, interrogato rispose.

Il giorno 23 alle ore 11 antimeridiane circa dopo fatta la refezione condussi i sette condannati indicati nel rapporto nel cortile dell’Ufficio tavolare per fendere e segare legna. Diedi loro l’ordine come dovevano lavorare, gli ammonii a non abbandonare il cortile, e dopo me ne andai in via Dante dal capomaestro muratore Pelican a levare due condannati, che colà lavoravano, per ricondurli alle carceri per cibarsi. Ricondotti che li ebbi, io pure andai a pranzo, e poco dopo ritornai alle carceri per ricondurre i due condannati alla casa in costruzione in via Dante. Anziché prendere la via più breve, pensai bene di dare un’occhiata ai sette condannati che lavoravano nel cortile dell’Ufficio tavolare, e ve li trovai tutti che lavoravano. Dopo ciò condussi i due in via Dante e ritornai indi alle carceri per accudire alle mie incombenze.
Al tocco delle tre mi recai in Piazza del Duomo per levare i sette condannati che lavoravano nel cortile dell’Ufficio tavolare. Rimasi sorpreso di trovare al lavoro soltanto Giovanni B., Stefano F. e Giovanni P. Interrogati dove fossero gli altri mi dissero ch’erano andati a bere dell’acqua alla fontana in piazza S. Antonio. Corsi colà e non ve li vidi; mi recai allora in Corte Caraveggia sospettando che si fossero recati colà in osteria, ed anche ve li trovai. G., S. e L. erano ubbriachi, e G. era soltanto un poco brillo.
S. quanto che fu nel cortile, anziché porsi al lavoro, cominciò ad inveire contro L. dicendogli: kdo je mene udaril, chi mi ha battuto. Su di ciò G. riprendeva il S. perché non voleva por mano al lavoro.
Le guardie civiche d’ispezione nei pressi del Duomo v’intervennero, e visto che non era più verso di continuare il lavoro, pregai le guardie di prestarmi assistenza a ricondurre i sette condannati alle carceri.
Giunti in piazza Grande, L. diede due scappellotti a G. senza che questi gliene avesse dato motivo; io redarguii tosto L., e la gita fino alle carceri fu poi questa. Anche nei locali delle carceri non avvenne alcun disordine.
Stimai mio dovere di annunciare il fatto al capocustode.
Preletto Confermato Resek Marco

Licenziato il secondino Reschek, si passava all’esame del condannato Giovanni B., che previa ammonizione al vero interrogato rispose:
Espone il fatto in complesso come raccontato dal secondino Rescek. Informa poi che tutti e sette bevettero nel cortile due litri di vino bianco che fu loro regalato da alcuni amici.
Dopo aver bevuto quei due litri G., S., L. e G. si allontanarono dicendo di andare alla fontana a bere dell’acqua.
Allorché il guardiano Rescek li aveva ricondotti nel cortile erano tutti ubbriachi, però G. in grado minore degli altri. S. non voleva riprendere il lavoro, anzi inveì contro G., cui era caduto un pezzo di legna ch’era andato a battere sui piedi ad esso S., e gli lacerò anche la pistagna della giubba. G. e L. apostrofarono S., e il povero secondino non sapendo che fare mandò l’esaminato a chiamare le guardie civiche, le quali tosto sopravvennero nel numero di quattro. Questi presero in mezzo in quattro ubbriachi e li scortavano verso e carceri, mentre G. G., Stefano F. e Giovanni P. camminavano alcuni passi avanti col secondino Reschek. È perciò che G. non vide ciò che nacque in piazza Grande per opera del L.
Preletto Confermato Johan B.

Rimandato Giovanni B. alla sua cella, si passava all’esame di Stefano F., che previa ammonizione al vero
Depone in piena conformità a quanto esposto da Giovanni B., e solo aggiunge che i quattro ubbriachi non volevano seguire all’ingiunzione del guardiano Reschek di recarsi alle carceri, dicendo che dovevano ritornarvi o tutti o nessuno. Si fu perciò che il guardiano dovette far desistere […]

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