Il 7 dicembre 1943 partiva da Trieste un convoglio con destinazione Auschwitz. Nelle stesse ore a Gorizia, il Capo della Provincia trasmetteva ai podestà e ai commissari prefettizi il provvedimento emanato il 1° dicembre dal Ministero dell’educazione nazionale: era disposto il sequestro di tutte le opere d’arte appartenenti agli ebrei e alle istituzioni israelitiche.
Ma su quel treno che stava lasciando la stazione di Trieste erano saliti molti degli ebrei goriziani strappati alle loro case due settimane prima, nella notte del 23 novembre. Non avrebbero più potuto autodenunciarsi al Sopraintendente alle Gallerie come proprietari o detentori di opere d’arte, né valutare e descrivere i loro beni. Non avrebbero più potuto, quasi tutti, sopravvivere alla Shoah.
La burocrazia repubblichina dei beni culturali si dimostrò incapace di tenere il passo implacabile dei rastrellamenti dei nazisti, gli effettivi padroni in quella che essi stessi denominarono “Zona di Operazioni Litorale Adriatico”. L’11 gennaio del 1944 l’Ufficio di gabinetto della Prefettura trasmise, come richiesto, gli elenchi dei cittadini di razza ebraica residenti nel territorio, senza averne raccolto le denunce.
Segnatura: ASGO, Prefettura di Gorizia – Archivio di Gabinetto (1927-1947), b. 54, f. 111, cat. 18.7
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