A pochi anni dal ritorno dell’amministrazione italiana, dopo la fine del secondo conflitto mondiale, la Questura di Gorizia stese un resoconto sulla vita di Vilma, residente in via San Gabriele, per accertarne la “italianità”.
“La nominata in oggetto, sebbene di origine slava, è di sentimenti italiani. Durante la gestione del Governo Militare Alleato ha partecipato a tutte le manifestazioni italiane svoltesi in questo capoluogo [Gorizia]. Risulta che in occasione di una manifestazione slava, alcune donne attiviste slavo-comuniste, si introdussero nella sua abitazione per esporre alla finestra un vessillo jugoslavo; la [Vilma] si oppose energicamente ed espose, invece, quello italiano”.
Nella Gorizia di allora le situazioni erano spesso complicate: a differenza di Vilma, il padre era qualificato come “fanatico slavo-comunista”. “Non essendosi mai questi mai curato di chiedere la cittadinanza italiana, la soprascritta, avendo raggiunto la maggiore età, chiede detta cittadinanza perché nata e cresciuta in Italia cui si sente legata da vincoli di attaccamento e simpatia”.
Segnatura: ASGO, Prefettura di Gorizia – Archivio generale, b. 600, f. 1670
Maria, come si evince dalle carte, nel 1950 “ha in corso il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale” “sempre rinviato in attesa dell’esito di istanze o per raccomandazioni di persone, qui residenti, favorevolmente note, che hanno ritenuto trattasi di un caso pietoso”.
Maria giunse a Gorizia nel febbraio 1944, proveniente da Salcano (territorio poi ceduto).
“Il 10 giugno 1940 era residente a Salcano e fino al 15 settembre 1947 conservava la cittadinanza italiana”. Dopo tale data divenne cittadina jugoslava, per omessa opzione.
Se scorriamo il documento della Questura goriziana, leggiamo che:
“La suddetta [traeva] i mezzi di sussistenza, lavorando da sarta presso famiglie di sua conoscenza.” Politicamente era “di sentimenti slavo-comunisti ed acerrima antitaliana”. Nei due anni precedenti l’annessione definitiva della città alla Repubblica italiana (16 settembre 1947), Maria “lavorò notte e giorno, unitamente ad altre accanite titine, per la confezione di bandiere jugoslave con stella rossa, mantenendo stretti contatti con le autorità jugoslave di occupazione”. O così può apparire a chi oramai è lontano da un’epoca in cui le scelte potevano essere molteplici e anche contraddittorie.
Ciò è confermato anche da un altro documento, di cui leggiamo uno stralcio:
“Durante l’occupazione jugoslava e l’amministrazione alleata di questa città svolse attiva propaganda in favore dell’annessione di Gorizia alla Jugoslavia. Confezionava, inoltre, bandiere jugoslave da distribuire alla popolazione”.
In un documento del 1951 si apprende che Maria, nonostante la sua recente attività propagandistica filotitina, era ancora attiva a Gorizia:
“Lavora tuttora in qualità di sarta presso la baronessa Tacco in Via Seminario, presso il dott. Comel Via Garibaldi 11 e presso famiglie del luogo.”
Segnatura: ASGO, Prefettura di Gorizia – Archivio generale, b. 610, f. 1690
Il caso di un’altra Maria è piuttosto singolare (o così può apparire a chi oramai è lontano da un’epoca in cui le scelte potevano essere “polimorfe”). In effetti, dalle carte non si capisce effettivamente da che parte stesse tale Maria.
Maria in passato si era compromessa politicamente nei confronti del nostro Paese.
In questo atto della Questura di Gorizia del 27 gennaio 1953 si legge che:
“Durante l’occupazione jugoslava, [Maria], ritenuta di sentimenti italiani, subì delle persecuzioni da parte di partigiani jugoslavi, i quali oltre a costringerla ai lavori forzati all’aeroporto di Merna, sotto minaccia del taglio dei capelli, fu fatta girare in città su di un autocarro con altri elementi italiani, in segno di ludibrio e di disprezzo”.
Un atto del Gruppo di Gorizia – Legione territoriale del Carabinieri di Udine del 21 febbraio 1953 smentisce nettamente quanto dichiarato dalla locale Questura…
“Durante l’occupazione jugoslava ed il periodo dell’amministrazione alleata partecipò alle manifestazioni indette dalle organizzazioni slave per l’annessione di questa città alla Jugoslavia. Non ha mai dimostrato attaccamento all’Italia ed alle sue istituzioni”.
Segnatura: ASGO, Prefettura di Gorizia – Archivio generale, b. 613, f. 1694
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