Subito al termine della seconda guerra mondiale, la popolazione italiana dell’Istria non abbandonò i propri territori, sperando in una possibile normalizzazione del difficile clima sociale in queste terre di confine, soggette a un nuovo sistema politico. In Dalmazia invece, fin dal 1943-1944, ci fu un grande esodo di massa, come avvenne per esempio a Zara, città che fu fortemente coinvolta dai bombardamenti aerei.
La situazione politica che però si presentava agli occhi degli italiani d’Istria risultava particolarmente sfavorevole e alcuni gravi episodi – come quello accaduto a Pola il 18 agosto 1946 con l’esplosione di 28 mine marine che provocarono numerose vittime tra i bagnanti della spiaggia di Vergarolla – instaurarono nei loro animi un forte timore per il futuro, anzi, una vera e propria paura. Lo svuotamento della popolazione giuliana dal territorio istriano non riguardò tutte le città allo stesso modo: a Pola la presenza delle truppe angloamericane permise un esodo organizzato, che si sviluppò in pochi mesi tra la fine del 1946 e l’inizio del 1947.
Tutto questo è ben testimoniato dal documento che qui si vuole presentare, conservato all’interno dell’ “Archivio De Simone” alla busta 16, filza 54. Trattasi di un ritaglio del numero 9 del settimanale polese “La Posta del Lunedì” del 23 dicembre 1946 che dà notizia della dichiarazione ufficiale di apertura dell’esodo; vi si riportano, passo a passo, tutte le misure da intraprendere per dare l’avvio all’esodo di massa dalla città di Pola. Le frasi, che si susseguono in uno stile asciutto e pratico, rendono in ogni modo evidente la pesante aria che si respirava allora in città. Notevole fu qui l’esodo che portò, nei primi mesi del 1947, alla partenza di ben 28.000 persone su una popolazione di circa 33.000 abitanti. Diversa fu la situazione nei paesi interni dell’Istria, dove gli abitanti erano per la maggior parte slavi e notevoli/oggettive difficoltà materiali non permisero loro un esodo sistematico come nelle città costiere.
L’esodo non fece distinzioni tra le fasce di popolazione, interessò persone appartenenti a tutti i ceti e a diverse fedi politiche. Il dolore e la nostalgia che ad esso conseguirono furono enormi. Ad alimentare questo mesto clima fu la grande incertezza del proprio domani, confermato dai fatti: anche dopo la dolorosa partenza non fu facile per queste genti inserirsi in un’Italia che non sempre si dimostrò accogliente, anche in considerazione del difficile periodo del dopoguerra che stava vivendo. Il nostro paese partecipò ad un fenomeno che colpì, in generale, i paesi sconfitti: eclatante, in tutta l’Europa centro orientale, l’espulsione della popolazione germanofona che giunse a movimentare svariati milioni milioni di individui, fin dall’estate del 1945.
Spesso le immagini valgono più di mille parole e, in pieno ossimoro, un vuoto può produrre un gran rumore. Per questi motivi si è voluto corredare il documento di un’immagine (anch’essa conservata all’interno dell’ “Archivio De Simone” alla busta 16, filza 209) dove – nonostante non compaiano fiumane di persone, come in quasi tutte le foto che testimoniano un esodo – il semplice accatastamento di oggetti lungo le banchine del porto di Pola fa emergere la profonda tristezza che ogni abbandono alimenta.
L’esperienza dell’esodo segnò indelebilmente gli italiani originari dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, tanto da superare il lungo silenzio che coprì gli episodi del dopoguerra che li videro involontari protagonisti, unitamente a tutti coloro i quali non trovarono corrispondenza nel nuovo assetto politico delineato dai “poteri popolari”. Ed è anche per questo, per agevolare una sempre più onesta ricostruzione storica, che è stato istituto nel 2006 il “Giorno del ricordo” in commemorazione dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. La data del 10 febbraio vuole rievocare quello stesso giorno del 1947, quando furono firmati i trattati di pace di Parigi che assegnarono alla Jugoslavia gran parte dei territori acquisiti dall’Italia al termine del primo conflitto mondiale.
Segnatura: ASGO, Archivio De Simone, b. 16, ff. 54 e 209
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34170 Gorizia
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