
Una casa per Bruno
Esattamente una settimana fa, il 30 maggio, in occasione del Festival èStoria si è svolto un incontro a cura della Fondazione Osiride Brovedani onlus, dal titolo “Una “casa” per Bruno”.
Nella selezione dei documenti da proporre ai nostri sempre più numerosi utenti, come oramai ben sapete, è prevalso il criterio di ricercare episodi esilaranti o, almeno, simpatici, in modo da suscitare, con un giusto grado di leggerezza, una comune riflessione intorno a questioni o circostanze storiche piuttosto complesse, quando non drammatiche.
Anche questo mese riteniamo di aver raggiunto lo scopo prefissato. Compiamo un balzo a ritroso, fino al 19 Agosto 1940. Da poco più di tre mesi l’Italia è entrata in guerra a fianco della Germania contro la Francia e l’Inghilterra, dando l’avvio ad un’avventura il cui triste epilogo è ben noto.
Il consolato d’Italia a Rotterdam, nei Paesi Bassi occupati dalla Wehrmacht, si rivolge alle Prefetture di Fiume, Gorizia e Pola per ottenere lumi circa la località di nascita di un minatore, Antonio Mrakic, stabilitosi in Olanda da quasi tre decenni. Per tutto questo tempo il Mrakic, nativo di Bovec, oggi in territorio sloveno ma allora comune della provincia di Gorizia, si è rivolto a ben tre rappresentanze consolari (Austria, Germania e Jugoslavia) al fine di conoscere la propria nazionalità di appartenenza, dopo il tracollo della monarchia austro-ungarica. Evidentemente, la prolungata lontananza dalla terra natìa non gli aveva consentito di seguire gli sviluppi della legislazione italiana in materia di cittadinanza susseguenti ai trattati di S. Germano (1919) e di Rapallo (1920). Fin qui, nulla di insolito.
Stupisce e fa sorridere, piuttosto, la capacità di perdersi in un bicchier d’acqua palesata dalle istituzioni coinvolte nella ricerca della località di Bovec, dicitura slovena del comune di Flitsch (tedesco) o Plezzo (italiano), a cominciare dai tre summenzionati Consolati e coronata dall’ingenua ignoranza degli allora addetti alla Prefettura goriziana. Bovec? Mai sentito nominare! Sembra un affare internazionale talmente ostico da dover, almeno per il momento, restare insoluto. D’altra parte, ciò rivela impietosamente una realtà fattuale: in poco più di vent’anni di amministrazione italiana, nei ranghi del nostro apparato burocratico era del tutto scomparsa la memoria dei nomi originari di gran parte delle località “allogene” delle “nuove provincie” da esso dipendenti.
Resta da sapere se e il signor Antonio Mrakic abbia risolto il problema che lo assillava prima della firma dei trattati di pace di Parigi del 1947, allorché Bovec assunse ufficialmente la denominazione slovena, accantonando definitivamente quella tedesca e quella italiana.
Segnatura archivistica: ASGO, Prefettura di Gorizia, Archivio generale (1927-1962), Cittadinanza. Fascicoli personali, class. 1-11-4, b. 519, f. 1529, fasc. “Mrakic Antonio”.
Esattamente una settimana fa, il 30 maggio, in occasione del Festival èStoria si è svolto un incontro a cura della Fondazione Osiride Brovedani onlus, dal titolo “Una “casa” per Bruno”.
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