Il 3 gennaio 1937, nella sala del dopolavoro rionale di Vertoiba in Campisanti (l’odierna Vrtojba), si svolse un ballo sociale di grande richiamo, a cui intervennero circa 275 persone, allietato dalle note di un’orchestra composta da sassofono, armonica, cornetta e violoncello. Tutto andò liscio (è il caso di dirlo), finché alle 23.10 i musicisti non decisero di intonare un “valzer sloveno vecchio e molto conosciuto da tutta la popolazione”, tant’è che alcuni dei presenti (peraltro non identificabili) lo avevano accompagnato con le loro ugole.
L’episodio fu ritenuto molto grave dal fiduciario del dopolavoro dell’epoca, un insegnante elementare, che fece immediatamente cessare il ballo, facendo rapporto al Comando della Stazione dei Carabinieri di San Pietro di Gorizia, che, a sua volta, interessò il prefetto di Gorizia. L’eccesso di zelo del maestro, tuttavia, non sortì gli effetti previsti, perché la sua denuncia riguardava un brano che, a sua insaputa, non apparteneva alla categoria degli “inni sloveni”, ma a quella delle “canzonette innocue”.
Fu successivamente accertato che non si era trattato di un componimento di natura politica, bensì di una semplice “canzonetta”, già suonata peraltro in città anche in altri locali.
Riportiamo il testo nella traduzione italiana che appare nel documento: “Che cameriera sei se non hai il grembiule bianco / anche la mia ragazza ha due o tre grembiuli bianchi ma cameriera non è …”. Questo brano, inoltre, “non era nel programma dei balli che dovevano essere suonati nella serata”.
Anche se il sospettato “misfatto” non ebbe luogo, le conseguenze rovinarono l’allegria del capodanno di Vertoiba, con la sospensione del ballo per il mese di gennaio e, conseguentemente, il licenziamento della brava orchestra. Chissà se i musicisti (un bottaio, un bracciante, un manovale e un violoncellista) avranno nuovamente suonato quel motivetto immeritatamente censurato: a noi piace immaginare che sia andata proprio così!
Segnaliamo che il documento è composto da due fogli incollati assieme, ragione che ne ha impedito la separazione. Il testo, nondimeno, è stato ricostruito completamente.
PS: una nostra utente ci ha gentilmente segnalato il testo della “canzonetta” la cui memoria familiare è pervenuta sino ai nostri giorni. Lo riportiamo, nella sua dialettale spontaneità: Ma kaj si ti za ena kelnerca, ki nimaš belega firtoha, še moja ljub’ca ‘ma dva al’ pa tri, nobena kelnerca ni!
Segnatura archivistica: Prefettura di Gorizia – Archivio di gabinetto (1927-1947), b. 17 f. 47, prot. 164/1937